Sheryl Knowles: l’autrice della “manona” del Kickstart

(Articolo scritto con i preziosi suggerimenti di Valentino Miazzo)

Molto recentemente nel forum English Amiga Board è stata posta una interessante domanda: chi è l’autore della celebre “manona” della schermata di boot di Amiga, che esprime la necessità di inserire un disco di boot (e nel caso di Amiga 1000, il disco del Kickstart ancor prima)? In generale, chi è l’autore degli elementi grafici (icone, font) delle primissime versioni del sistema operativo di Amiga?

Le prime ricerche in Rete trovano un indizio in alcuni easter egg (“hidden messages”), individuando la stringa: “Pics: Sheryl & Jack”. Qualche risposta dopo però, carramba!… Risponde niente meno che l’autrice in persona della classica “manona” che caratterizza il boot screen, ma anche dei font e degli elementi grafici delle primissime versioni di Workbench: il suo nome è Sheryl Knowles.

La sua risposta, che ho tradotto e adattato, è un vero e proprio viaggio nel passato in cui si percepisce tutta l’atmosfera pionieristica e affascinante che circonda la creazione di un prodotto completamente nuovo e innovativo.

Post di Sheryl tradotto in italiano

“Ciao, sono Sheryl Knowles e ho appena scoperto questo sito [si riferisce a EAB, NdT]. Posso rispondere ad alcune delle domande poste in questo thread, se c’è ancora qualcuno interessato.

Sono stata la prima artista del progetto Amiga, ingaggiata per progettare il look & feel della grafica Amiga. Jack Hager (non “Hayer”) è stato il secondo artista ingaggiato: è stato collega di Robert J. Mical [principale ideatore di Intuition e sviluppatore di giochi Arcade, NdT] a Chicago. Quando c’è stato abbastanza da fare da doverci distribuire il carico di lavoro, Jack è diventato l’art director del progetto Amiga, mentre io ho lavorato al product design.

Ho realizzato quasi tutte le icone, i font originali e le icone incise sulla parte posteriore del case in plastica bianco di Amiga 1000, così come al progetto di Graphicraft (che è stato scritto da Robert J. Mical).

Ho inoltre realizzato tutta una serie di illustrazioni create per dimostrare le potenzialità di Amiga. Ho svolto la maggior parte dei test dei tool per grafica e stampa del sistema Amiga. Ci sono due cose importanti da sapere sulle nostre condizioni di lavoro iniziali.

Primo: non esisteva alcun tool grafico su Amiga prima di Graphicraft. Abbiamo realizzato ogni singola illustrazione per i manuali, ogni “dimostrazione” apparsa sulle varie riviste e per le varie fiere, e ogni singolo elemento grafico (per esempio icone e font) lavorando pixel per pixel, senza nessun altro strumento se non la capacità di scegliere colore e posizione di ogni pixel. Nessuno strumento per tracciare linee. Nessuno strumento per riempire aree (“fill”). Nessuno strumento per tracciare forme geometriche.

Secondo: non c’era alcun modo di salvare la grafica da noi realizzata. Pertanto una volta disegnata, doveva andare direttamente ai programmatori che l’avrebbero codificata e programmata. Ho usato tantissima carta per produrre grafica. Se si trattava di un’illustrazione, dovevamo fotografare i nostri monitor e inviare le foto all’editore che ne aveva bisogno. Credetemi, una volta terminato lo sviluppo di Graphicraft, il nostro lavoro è diventato incredibilmente più semplice!

La raffigurazione del disco di boot è l’argomento principale di questo thread: è stato disegnato da me mentre tenevo un disco nella mano sinistra, e con la mano destra usavo il mouse per tracciare i singoli pixel. Sono destrimane: non era mia intenzione creare una rappresentazione esatta del disco o di come utilizzarlo. Era solo un’icona per comunicare la necessità di utilizzare un disco in quel momento. La realizzazione dell’immagine era limitata sia nelle dimensioni che nel numero di pixel che potevano essere utilizzati a causa di vincoli di programmazione. Ciò ne spiega il motivo della bassa qualità, ma come icona era più che sufficiente.”

Post originale (in inglese, link)

“Hi. I’m Sheryl Knowles and I’ve just discovered this website. I can answer some of the questions posed in this thread, if anyone is still interested.

I was the first Amiga artist, hired to help design the look and feel of Amiga graphics. Jack Hager (not Hayer) was the second artist hired; he’d been a colleague of RJ’s back in Chicago. When we had enough work that we decided to divvy up the chores, Jack became Amiga’s art director, while I worked on product design.
I did almost all the original icons, the original fonts, and the icons on the back of the “white” plastic case, as well as designing Graphicraft (which RJ programmed). Plus a lot of illustrations just to show off what the Amiga could do. And I did most of the testing for the Amiga art tools and printer usage.

There are two things you need to know about our early working conditions. One: there was no art tool on the Amiga before Graphicraft. We did every single illustration in the manuals, every “show it off” illustration that appeared in magazines or trade shows, and every practical graphic (i.e. the icons and fonts), pixel by pixel, with no tools other than being able to choose a color and place the pixel. No line tools. No fills. No shape tools. Two: We had no way to save our art work. So once designed, it had to go straight to the programmers to be coded in. I used a LOT of graph paper. Or, if it was an illustration, we had to photograph our screens and send that photo to the publisher needing it. Believe me, once Graphicraft was done, our jobs were so very much easier!

The boot disk that is the main topic of this thread was drawn by me holding it in my left hand and laying down the pixels with my mouse using my right hand. I am right handed. It was not intended to be a literal illustration of the disk or how to use it. It was simply an icon to represent the need to use a disk. The drawing was limited in size and in the number of pixels that could be used, by the programming requirements of the time. All of which should explain why it’s a bad drawing. But it was deemed a sufficient icon.”

Riferimenti esterni

Francesco Sblendorio

Francesco Sblendorio nasce nel 1977. Nel 1985 fa conoscenza con il mondo dei computer attraverso un Commodore 16: da quel momento la discesa verso il lato oscuro è inesorabile e si trasforma in un geek impenitente. Nell'ambito del retrocomputing ha un sogno: che i vecchi computer non debbano semplicemente sopravvivere (conservando la loro funzionalità), piuttosto devono vivere, attraverso nuovi software sviluppati oggi per i computer di ieri.

Potrebbero interessarti anche...