Quando il BASIC parlava russo: la rinascita del RADUGA

Dalla cortina di ferro ai laboratori degli appassionati: la resurrezione di un pezzo raro del retrocomputing made in URSS
Quando si parla di home computer degli anni ’80, è facile pensare al Commodore 64, all’Amiga, all’Apple II. Ma dietro la Cortina di Ferro, in piena Unione Sovietica, c’era un intero ecosistema parallelo fatto di cloni, adattamenti e creatività sotterranea. Uno dei più affascinanti? Il RADUGA, un clone russo del Sinclair ZX Spectrum 48K, tornato a far parlare di sé grazie a un recente restauro documentato su Hackaday.
“Raduga” in russo significa arcobaleno, e mai nome fu più azzeccato: in un’epoca di grigi controlli statali e tecnologie limitate, queste macchine portavano colore, gioco e apprendimento nelle case sovietiche.
Prodotto nei primi anni ’90 in una fase delicatissima della Russia post-sovietica, il RADUGA era parte di una lunga serie di cloni del celebre ZX Spectrum britannico. Questi computer non erano “copie” per nostalgia, ma veri strumenti di sopravvivenza tecnologica: l’embargo tecnologico impediva l’accesso ai chip occidentali, così i tecnici russi ricrearono tutto da zero, spesso con ingegno impressionante.
Il RADUGA manteneva compatibilità software con lo Spectrum, ma era costruito con componenti locali, aveva una tastiera plastica decisamente più robusta, e spesso veniva usato nelle scuole per l’insegnamento della programmazione in BASIC.
Il restauro: amore, pazienza e saldatore
Un appassionato retroinformatico è riuscito a riportare in vita un RADUGA conservato in condizioni critiche. La scheda madre era danneggiata, alcuni chip erano corrotti, ma dopo ore di lavoro, analisi dei tracciati e ricerca di ricambi sovietici originali, il computer è tornato a mostrare la schermata del BASIC.
Il risultato è stato pubblicato su Hackaday, dove la community ha risposto con entusiasmo e nostalgia. Una vera operazione di archeologia digitale, dove non si risveglia solo una macchina, ma un intero contesto storico e culturale.
Il RADUGA è più di un computer vintage. È il simbolo di un’epoca in cui la creatività informatica trovava strade alternative per esistere. Dove la passione per il codice superava i limiti imposti da geopolitica, economia e disponibilità di componenti.